Il CNI ha trasmesso con Circolare n. 332 del 16/09/2025, la recente pronuncia del Consiglio di Stato, III Sezione, 3 luglio 2025 n.5741, riguardante l’applicazione del principio dell’equo compenso all’interno degli affidamenti dei servizi di ingegneria e di architettura, nonché svolgere alcune considerazioni di portata generale sulla rilevante tematica, alla luce degli ultimi arresti giurisprudenziali, della quale riportiamo un estratto.
È opportuno precisare subito che la sentenza del Consiglio di Stato, 3 luglio 2025 n.5741 costituisce una buona notizia per i Professionisti e per tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’equo compenso nel settore dei contratti pubblici.
In particolare, il Consiglio di Stato ha esaminato il caso di una gara indetta da una Pubblica Amministrazione (Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana), – per l’affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica finalizzato alla demolizione e ricostruzione del capannone acquisito alla sede di Roma “M. Aleandri” dell’Istituto – in cui il disciplinare di gara prevedeva espressamente una clausola di non ribassabilità del compenso professionale posto a base d’asta (determinato secondo i parametri ministeriali di cui al DM 17 giugno 2016), consentendo la competizione tra gli offerenti esclusivamente sulle componenti accessorie di costo (ovvero, spese e oneri vari).
La controversia è sorta a seguito dell’esclusione di un operatore economico che, – in sede di offerta economica e successiva verifica di anomalia – aveva praticato un ribasso del 100% sulle spese ed oneri accessori ribassabili, riuscendo così di fatto ad erodere indirettamente anche la quota di compenso professionale teoricamente intangibile. Il TAR competente aveva inizialmente annullato l’esclusione disposta dalla stazione appaltante, ritenendo non provato che il ribasso sulle spese incidesse sull’equo compenso1, ma tale decisione era stata impugnata innanzi al Consiglio di Stato.
Nel giudizio di appello il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso, ha riformato la pronuncia di primo grado e annullato gli atti impugnati, con ciò riconoscendo la legittimità dell’azione della Stazione Appaltante volta a tutelare l’equo compenso nel caso di specie.
La decisione in commento conferma innanzitutto l’orientamento più recente secondo cui la legge n. 49/2023 sull’equo compenso non si applica tal quale alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, trattandosi di un corpus normativo distinto rispetto a quello dei contratti pubblici. Il Consiglio di Stato ribadisce quanto già affermato in proprie precedenti pronunce (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 27 gennaio 2025 n.594 e Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2025 n.844): il Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n.36/2023) costituisce una disciplina speciale e autosufficiente in materia di determinazione dei compensi professionali negli appalti, sicché le regole della legge 49/2023 non possono essere automaticamente invocate per modificare o integrare le disposizioni di gara.
In altre parole, non opera alcun meccanismo di eterointegrazione automatica del bando attraverso la normativa sull’equo compenso, esterna al Codice; di conseguenza non è ammessa, ad esempio, l’esclusione di un concorrente di una gara pubblica direttamente in applicazione della legge n.49/2023, se la lex specialis (il bando di gara) non prevede espressamente tale causa di esclusione.
Tuttavia – e qui risiede la portata innovativa e chiarificatrice della sentenza – il Consiglio di Stato afferma contestualmente che nulla vieta alla stazione appaltante di introdurre nei documenti di gara clausole finalizzate a garantire il principio dell’equo compenso professionale; ad esempio, prevedendo la non ribassabilità (in tutto o in parte) del corrispettivo posto a base d’asta.
Questa facoltà – esercitabile in via discrezionale dalla P.A. entro i margini consentiti – è anzi pienamente coerente con il quadro normativo vigente: la pronuncia richiama espressamente il disposto dell’art.108, comma 5, del d.lgs. n.36/20232 (già previsto in termini simili dall’art.95, comma 7, del d.lgs. n.50/2016), il quale autorizza la Stazione Appaltante a stabilire a monte un prezzo fisso o massimo, spostando la competizione tra gli operatori economici unicamente sugli aspetti qualitativi.
Tale meccanismo – precisa il Collegio – non viola in sé i principi di concorrenza, né rappresenta un tertium genus di criterio di aggiudicazione, bensì una specificazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (miglior rapporto qualità/prezzo) ammessa dall’ordinamento. Anzi, il vigente Codice dei contratti pubblici incoraggia una maggiore valorizzazione degli aspetti qualitativi nelle gare di servizi di natura intellettuale: si noti che l’art.108, comma 2, lett. b), del d.lgs. n.36/2023 richiede l’utilizzo del criterio qualità/prezzo per gli affidamenti di ingegneria e architettura sopra soglia, senza precludere la possibilità per la P.A. di modulare tale
rapporto, riducendo il peso del prezzo.
In questa prospettiva, l’inserimento di limiti al ribasso economico per tutelare compensi professionali minimi non è di per sé lesivo dei principi di par condicio o di buon uso delle risorse pubbliche, specialmente se giustificato da finalità meritevoli di considerazione, come la salvaguardia del decoro professionale e della qualità della prestazione.
Il Consiglio di Stato sottolinea peraltro che lo stesso Codice dei contratti esplicita il principio dell’equo compenso: l’art.8, comma 2, del d.lgs. n.36/2023 include, tra i principi generali, quello secondo cui deve essere garantita una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità della prestazione, in linea con l’art.36 della Costituzione.
I nuovi commi inseriti nel Codice dal decreto “correttivo” n.209/20243 (art.41, commi 15-bis e 15-quater) rappresentano pertanto la traduzione applicativa di dettaglio di tale principio nelle procedure di affidamento.
La sentenza in esame evidenzia proprio come il “regime normativo dell’equo compenso” funzioni da principio di carattere generale per le prestazioni d’opera intellettuale, al quale corrispondono nel Codice puntuali regole operative (come la determinazione del corrispettivo a base d’asta secondo parametri ministeriali e la possibile fissazione di prezzi non ribassabili).
Infine, con specifico riferimento al caso esaminato, la sentenza del Consiglio di Stato n.5741/2025 chiarisce che, qualora la lex specialis di gara – come nella fattispecie – preveda in partenza espressamente l’intangibilità del compenso professionale a base d’asta, tale clausola è perfettamente valida e vincolante. In tal caso, qualsiasi stratagemma dell’offerente volto ad aggirare detta previsione (ad esempio, ribassando al massimo le voci accessorie, per poi riassorbirle nella parte di compenso teoricamente fissa, durante la giustificazione dell’offerta) può legittimamente essere sanzionato dalla stazione appaltante.

